Ritorno alle origini, modernità e uno sguardo all’Europa

L’edificio principale forma ora un unicum con le altre due case, la “Paul Norz” e la “Mühlhaus”.

Il centro di formazione diocesano è ora più luminoso, senza barriere architettoniche e interamente climatizzato. Per gli incontri sono ora disponibili dieci sale di diverse dimensioni, dotate delle più moderne tecnologie. Due di queste sale sono completamente nuove e sono state realizzate nell’interrato. La struttura dispone di 55 camere con, complessivamente, 96 posti letto. La cappella è stata ridisegnata, sono state create una sala per la meditazione e una caffetteria: tre luoghi per dar spazio al silenzio e al dialogo. Progettata 60 anni fa dal famoso architetto Othmar Barth, l’Accademia Cusanus venne inaugurata nell’ottobre 1962. Lo studio di architettura MoDus Architechts, coordinato da Matteo Scagnol e Sandy Attia, ha riportato l’Accademia Cusanus alle origini, proiettandola allo stesso tempo nella modernità. 
Come studio di architettura MoDus Architects avete accompagnato i lavori di ristrutturazione e ampliamento dell'Accademia Cusanus. Cosa è stato particolarmente importante per lei durante questa conversione?
Arch. Matteo Scagnol:
Ricordo la citazione del mio professore di latino che ci stimolava nelle interrogazioni ad esprimerci con ”multa paucis” - molte cose in poche parole, ovvero ripensando al tema che abbiamo affrontato come architetti di “fare molto con poco”. Bene, questo è stato il motto e lo spirito con cui abbiamo affrontato questo lavoro dalla fase concorsuale fino alla sua realizzazione. Lo sforzo di aumentare gli spazi per le sale, di dare maggiore comfort agli ambienti e mettere a norma antincendio e permettere l’accessibilità generale ai diversamente abili di tutti gli edifici, è stato eseguito senza prevaricare lo stato di fatto, senza usare la mano pesante e soprattutto senza troppi elementi superflui. Tutti gli interventi sono stati all’insegna di mantenere il più possibile intatta ed integra l’opera di Othmar Barth.

Il famoso architetto Othmar Barth progettò l'Accademia Cusanus 60 anni fa. Cosa c'era di speciale/rivoluzionario nel suo progetto/edificio a quel tempo?
Arch. Matteo Scagnol: 
L’Accademia si basa su due concetti fondamentali, da una parte la ricchezza spaziale, dall’altra la povertà dei materiali utilizzati. Un’apparente contraddizione, esaltata dall’osmosi di questi due condizioni che si valorizzano l’un con l’altra offrendo un architettura senza tempo, totalmente classica, che esprime un senso di completezza e giustezza. L’edificio era pensato per accogliere la comunità, aprendosi al suo interno con ampi spazi in un agorà, flessibile e cangiante.

Come si può conservare il volto della (vecchia) Accademia Cusanus e adattare l'edificio alle esigenze educative di oggi?
Arch. Matteo Scagnol: 
Cercando di salvaguardare l’identità originaria e forse correggendo qualche modifica fatta negli anni successivi dallo stesso Barth. L’edificio è sempre stato pensato come uno spazio di incontro e movimento. Questi sono i due aspetti fondamentali della nuova visione didattica e pedagogica. Quindi gli interventi portati avanti nella ristrutturazione sono volti ad aumentare e migliorare il movimento e la flessibilità tra i vari livelli e tra gli edifici del complesso.
Ormai conoscete ogni angolo dell'Accademia Cusanus. Cosa avete imparato ad apprezzare di questo Barth-Bau durante la ristrutturazione?
Arch. Matteo Scagnol:
 La precisione, il senso della geometria, i dettagli mai casuali e mai complessi o troppo sofisticati, ma soprattutto che l’architettura come gli uomini hanno dei difetti, e non sono perfetti, ma in questa condizione esprimono un patos incredibile, soprattutto quando entrano in sintonia con gli elementi naturali, come la luce del sole che plasma come uno scultore, le volte in cemento armato della Festsaal. 

Dove sono stati fatti i maggiori cambiamenti?
Arch. Matteo Scagnol:
 La sequenza spaziale che collega l’ingresso principale a nord verso le sale a sud è stata dilatata donando maggiore luce e spazio al piano terra. Sono state inserite due nuove scale e un ascensore per il collegamento di tutti i piani al fine di superare tutti i dislivelli e soprattutto di raggiungere il piano interrato con una nuova grande sala accessibile direttamente anche dal Paul Norz Haus. 

Quali sono stati gli interventi più impegnativi?
Arch. Matteo Scagnol:
 Costruire sotto l’edificio di Barth la nuova scala e la sala interrata aprendo una ferita enorme nel corpo dell’edificio, quasi un’ operazione chirurgica di sostituzione di un organo vitale. Solo che tale operazione non è durata un giorno, ma qualche mese e la tensione e preoccupazione di tutti era molto elevata. Per fortuna il paziente respira di nuovo anzi sta meglio di prima…. 
Come è andata la collaborazione con il cliente e gli artigiani?
Arch. Matteo Scagnol:
 Quando si decide di costruire un opera così complessa e di tale dimensione in poco più di un anno, bisogna essere assolutamente allineati e organizzati per coordinare tutti, ma soprattutto avere i nervi ben saldi. A volte in cantiere vi erano contemporaneamente 120 lavoratori e il geom. Nardi della ditta CarronBau con l’architetto Giorgio Cappellato dello studio MoDusArchitecs sono stati esemplari nel gestire e coordinare il lavoro di tutti, che comunque non sarebbe riuscito se non avessi avuto alle spalle la direttrice Patrizia Major Schwienbacher, che ha sostenuto e supportato il mio lavoro anche quando i miei nervi non erano proprio del tutto saldi, e l’architetto Josef March che è stato il collante di tutto il processo. 

Cosa le piace di più dopo il completamento dell'edificio?
Arch. Matteo Scagnol:
 Il senso di libertà di movimento, ma al contempo la riservatezza dei suoi spazi. Come in una casa, ci si può ritirare nella propria stanza per avere la propria privacy, ma al contempo si può uscire per stare insieme in grandi “salotti” a discutere e a imparare, in fin dei conti l’architettura è la scena e il teatro della nostra vita. 

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